Quando sarà tutto finito che pescatori saremo? Saremo ancora affamati? Avremo la stessa passione? Piccole riflessioni dalla quarantena…
Forse tutto questo tempo chiusi in casa ci sta facendo male. Però, io una domanda me la sono posta: che pescatore sarò quando il Governo darà il via al “liberi tutti”?
Me lo chiedo più insistentemente da un paio di giorni. Come tanti, ho ascoltato prima e letto poi il Decreto comunicato lunedì dal premier Conte e mi sono detto: ma come, dal 4 maggio si potrà tornare a correre ma io non posso rimanere da solo, in un posto sperduto lontano da tutti, con la canna da pesca?
La pesca è un’attività sportiva o ricreativa? Possono pescare quelli iscritti alla Federazione o solo gli agonisti?
Domande, domande, domande che non tolgono niente al fatto che pescare mi manca da morire.
Mi mancano i miei momenti così… dove ho tutto e non mi manca niente.
Alla ricerca del futuro
Ripeto: mi sono chiesto che pescatore sarò alla riapertura. Lo stesso di prima? Forse, inconsciamente, sì. Ma la mia testa dice che devo e posso essere diverso.
C’è un rischio, anzi due.
Da un lato, la voglia matta di pescare può provocare in tutti noi una sorta di effetto “sindrome d’astinenza e relativa overdose“.
Se sei abituato a pescare spesso, almeno una volta alla settimana, o comunque se la tua passione è molto forte, quando riaprirà tutto non ti potrà fermare nessuno. Come un drogato, pesca pesca pesca pesca pesca, fino a saturazione e poi?
Il rovescio della medaglia di tutte le passioni è l’esagerazione. “Il troppo stroppia“, dicevano i nonni. Ma è inconscio, e non tutti siamo in grado di controllarlo. L’eroismo delle nostre imprese può scavalcare il crinale e diventare egoismo percepito dalle persone che ci stanno intorno.
“Ma che cavolo dici, dopo due mesi a casa hai paura di esagerare?“. Sì, e non penso sia una debolezza: perché i due mesi chiuso in casa non li ho fatti solo io, ma anche chi mi sta intorno.
L’altro rischio è la pigrizia (per non dire atarassia). Le giornate chiusi in casa sono sempre uguali. Rischi che tutta l’adrenalina sviluppata guardando i video su YouTube o le dirette dei grandi pescatori rimanga fine a se stessa.
Perché dopo, magari, non avrai la benzina. Torna la routine – anzi, devi recuperare la routine – e quel piccolo angolo che avevi per te non è detto che ci sia ancora. Devi essere bravo a ricostruirtelo.
E i due rischi sono connessi: se, alla riapertura di tutto, a causa della “sindrome d’astinenza” laghi, fiumi e mari saranno pieni zeppi di pescatori rendendo impossibile anche una normale pescata rilassante, molti potrebbero dire “ma chi me lo fa fare“. E ripiegare su qualcos’altro, magari meno impegnativo. Goodbye, pesca!
Il lockdown ci ha sicuramente dato il tempo e l’entusiasmo di costruire belle mosche. Non corriamo il rischio di non usarle!
Chi eravamo, e chi saremo3>
Contestualmente a chiedermi che pescatore sarò, in queste settimane io mi sono chiesto che pescatore sono. E mi sento incompleto. O meglio, completissimo da una parte, nudo per altri versi.
Mi sento un carpista completo perché ho avuto un’evoluzione. Dalle decine di cappotti iniziali pescando con papà, sono passato alle cento e passa notti fuori casa nel periodo universitario, con tante mete visitate e tante persone conosciute. Oggi sono un orso che non può fare a meno di pescare almeno una volta alla settimana. Ma mi bastano due ore, rigorosamente lontano da tutto, lontano da tutti. E in quelle due ore, prendo. Non sempre. Ma non mi posso lamentare. Prendo sicuramente di più di quando facevo 100 notti l’anno…
Questa è la mia idea di completezza. Partire da un punto e arrivare a un altro, adattandosi alle circostanze. Perché si cresce, non si può essere ragazzini sempre. Lavoro, famiglia, figli, sport: cose a cui io non posso rinunciare, ma soprattutto a cui non voglio rinunciare.
Completo qui, ma “nudo” sotto molti altri aspetti. La pesca mi piace tutta, ma è innegabile che, per farla bene, devi avere tempo o devi averlo avuto. Ho dedicato i miei anni giovanili al carp fishing, e non si può tornare indietro. Mi piace da matti lo spinning, ma ho tanti “buchi” da riempire. Mi intriga la mosca, in particolare la tenkara: ma, dopo aver visto decine di video e letto decine di articoli, mi sono reso conto che è come scalare il Nanga Parbat in invernale… roba quasi impossibile per un autodidatta.
E poi c’è il mare. Quello lo tengo là, lontano, perché so che è pericoloso emotivamente. Quando sento i racconti di Simone sulle pescate in mare, in Italia e non solo, bé, provo una grande invidia “buona”. Mi dico: cosa mi sono perso! Perché lì è tutto diverso, ed è tutto tremendamente affascinante. Due anni fa, di ritorno dalla pescata sulle mangianze con Simone in Liguria – di cui c’è anche un video sul canale YouTube di SportIT, per vederlo basta cliccare sul testo – fa mi sentivo come un bambino. Mia moglie a sera non capiva cosa avessi. Ero semplicemente felice.
Ecco. Quando riaprirà tutto mi piacerebbe essere un pescatore più completo. Mi piacerebbe poter partecipare a una discussione su altre tecniche e poter dire “io ho fatto così, quella volta là“.
Non sarà facile, e sapete perché? Perché il carp fishing mi manca un sacco, e il tempo sarà sempre lo stesso, se non meno, con una bimba piccola che cresce. Ma ci proverò.
A 20 anni non ti ferma niente, neanche 5 notti sotto la neve. Poi però cresci, e capisci che quella stessa cosa la puoi fare in modo diverso e ugualmente “figo”.
Completo e migliore
Ripensando alla mia pesca, e non so se voi che state leggendo vi siete posti la stessa domanda, mi sono anche chiesto: come posso essere un pescatore migliore?
Che è diverso da completo. Migliore significa essere qualcosa in più rispetto al passato nelle cose che già facevi bene.
Migliorare può voler dire fare una crescita tecnica. Per esempio, io mi sono accorto in queste settimane di essere quasi a zero in tema di nodi. Con 3 nodi ho sempre fatto tutto. Ma è giusto accontentarsi? Quei nodi non mi servono magari adesso, ma in altre tecniche, in altre occasioni?
Crescere tecnicamente significa porsi degli obiettivi. Che non è solo catturare “quel” pesce, oppure un bestione da peso record, ma è anche, più semplicemente dire: io i pesci li voglio catturare, per esempio, con questo tipo di esca. E userò quasi esclusivamente quel tipo di esca per capire come funziona.
Chi ha seguito la diretta sul profilo Instagram di SportIT @sportitfishing avrà colto un passaggio di Simone. Io gli ho chiesto, espressamente: ma nello spinning in mare, prendi di più con esche affondanti o top water? Lui, candidamente, mi ha detto che si fanno più pesci con esche che vanno sotto, ma che preferisce comunque pescare a top water. Perché? Perché gli piace, perché è più bello, perché ha raggiunto una consapevolezza tale che gli fa dire che può rinunciare a qualche pesce a fronte di un’emozione maggiore.
Migliorare, quindi, per me, significa tentare, provare, fallire e, infine, farsi un quadro di tutto.
E significa anche parlare con gli altri. A volte, quando ti senti “arrivato”, è molto difficile condividere. Hai paura di aprirti perché non vuoi, in un certo senso, svilire la fatica che hai fatto per arrivare a una certe consapevolezza. E spesso ti fai sfuggire dei particolari che, magari, non avevi considerato. Questo è diventato un mio difetto: parlo pochissimo con gli altri pescatori, quando io, in realtà, sono cresciuto parlando con i pescatori. Mia zia mi racconta sempre che gli unici modi che aveva per tenermi buono nei lunghi pomeriggi insieme erano due: darmi un pallone, con tutti i rischi che ne conseguivano, o portarmi a parlare con i pescatori. In quel secondo caso poteva anche andare a farsi tre ore di commissioni: sapeva che mi avrebbe trovato ancora lì, accanto a quegli omini con canna e mulinello.
Ed è così che sono cresciuto. Migliorato, appunto.
Condividere non è sempre la cosa più semplice del mondo… ma è ciò che ci ha fatto crescere!
Noi e l’ambiente
L’ultima riflessione che ho fatto è legata all’ambiente. Perché la percezione della Natura e di quello che c’è intorno a noi è cambiata durante la quarantena.
L’aria più pulita la respiriamo tutti. I silenzi delle strade deserte per certi versi sono musica. E anche chi prima non ci pensava – non tutti, è ovvio – guarda all’ambiente intorno in modo diverso.
Che laghi, che fiumi, che mare troveremo quando sarà tutto finito?
Leggevo qualche tempo fa un articolo su un sito di informazione ligure dove si vedeva la foto di un litorale così composta: una foto satellitare affiancata a un’altra. Una scattata nella primavera del 2019 e una quest’anno dello stesso punto. Oggi non ci sono più le barche e si vedono i banchi di pesce a galla!
Fossimo in Australia magari ci troveremmo canguri, coccodrilli e altri animali pazzeschi in giro per strada. In Italia ci dobbiamo “accontentare” di cinghiali, magari qualche capriolo, o più raramente i lupi. Però, in tema marino, questa è una grande conquista!
Stiamo vedendo il mare come sarebbe senza l’uomo, o quasi. La riduzione della pesca professionale e l’annullamento di tutta la nautica da diporto ha praticamente riportato i pesci vicino a riva. Un sogno.
Ma siamo pronti ad affrontarlo? Saremo pronti a fermarci? O gozzoviglieremo come i marinai di Ulisse arrivati stremati sull’Isola piena di maiali?
Può sembrare una preoccupazione stupida, ma non lo è. Me lo chiedo spesso: sarei in grado di fermarmi davanti a tanta abbondanza?
E, attenzione, non riguarda solo il mare. Laghi, fiumi, torrenti, sono indisturbati da oltre due mesi.
Ripeto, saremo in grado di fermarci?
Una libera scelta
Se siete arrivati fin qui i casi sono due: o vi siete posti le stesse domande, oppure pensate che sia pazzo e non vedete l’ora di lanciarmi addosso uno shitstorm.
La scelta è libera.
Da pescatore e da addetto ai lavori ho voluto condividere con voi dei pensieri legati alla mia passione. Perché per me la pesca non è un semplice passatempo. E’ linfa da cui attingo forze. E’ una parte di me, non solo perché la pratico da quando sono bambino e perché oggi ci lavoro. E’ qui, la posso sentire, e me ne devo prendere cura come si fa con qualcosa di caro.
C’è un’ultimissima cosa, che voglio condividere con voi. In tutti questi due mesi ho sistemato le cassette, la minuteria, le esche, rimesso in ordine quasi tutto. Ma non ho avuto mai la forza di prendere anche solo una volta una delle mie canne in mano. Sono là, appese al soffitto dentro ai loro foderi.
Sentivo che mi avrebbe fatto troppo male.
E lo so bene che l’attesa è lunga. Ma non mi manca solo il pescare in sé. Sono curioso di sapere che pescatore sarò domani.