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Daniele: “ultimo sopravvissuto” della Backyard Ultra in Austria

Il racconto della gara di Daniele Lissoni, ultra atleta che si è “sopravvissuto” – insieme a una fortissima atleta austriaca – fino alla fine della Backyard Ultra, nella sua tappa austriaca. Non sai cosa sia la Backyard Ultra, nota anche come “L’ultimo sopravvissuto”? In questo articolo conoscerai sia Daniele, sia la gara.

Ha corso per 34 ore per un totale di 227,90 chilometri ma dalla voce non sembra stanco: Daniele Lissoni è così, un concentrato di energia, determinazione, voglia, e un filo di pazzia.

Perché, per fare una gara come la Backyard Ultra, devi avere una determinazione senza pari, accompagnata da quel pizzico di follia che solo gli sport estremi come questi hanno.

Già, Daniele Lissoni, perché parliamo di lui? Perché questo atleta italiano è stato uno dei due “sopravvissuti” alla gara austriaca del circuito Backyard Ultra – L’Ultimo Sopravvissuto.

In realtà non ho vinto” – ci spiega Daniele quasi schermendosi – “perché il format prevede la gara ad oltranza finché non ne rimane soltanto uno. Ma un’allerta meteo ha costretto me e la fortissima atleta austriaca “sopravvissuta” insieme a me a ritirarci. Non so come spiegarlo: abbiamo vinto nella pratica, ma dal punto di vista dell’omologazione della gara no, perché è appunto una gara estrema, con poche regole, che però non si piegano nemmeno di fronte al maltempo. Dentro di me sapevo che potevo andare avanti, ma cause di forza maggiore ci hanno bloccato“.

E già, la Backyard Ultra: se ne vuoi sapere di più, leggi il prossimo paragrafo.

Una gara bestiale (che arriva dagli USA)

La Backyard Ultra è una gara di corsa di resistenza estremamente unica e impegnativa, spesso descritta come una “gara senza fine“. L’obiettivo principale è semplice: continuare a correre finché rimane un solo partecipante in gara, l'”ultimo sopravvissuto”.

Ecco una descrizione di quello che succede in una gara della Backyard, in cinque semplici punti.

  1. Circuito: la gara si svolge su un circuito di 6,706 km (4,167 miglia), che rappresenta esattamente un centesimo di 100 miglia.
  2. Tempo: ogni partecipante deve completare un giro del circuito entro 1 ora.
  3. Ripartenza: la gara riparte ogni ora. Questo significa che se un corridore finisce un giro prima che l’ora sia scaduta, ha il tempo rimanente per riposare, mangiare, o prepararsi per il giro successivo. Tuttavia, deve essere pronto a partire di nuovo all’inizio della nuova ora.
  4. Eliminazione: i corridori che non completano il giro entro l’ora assegnata sono eliminati dalla gara. Questo processo continua finché non rimane un solo corridore che ha completato l’ultimo giro da solo entro l’ora stabilita.
  5. Vincitore: l’ultimo corridore rimasto in gara è dichiarato vincitore. Non c’è un tempo limite predefinito per la durata della gara; potrebbe continuare per ore, giorni, o addirittura settimane, a seconda della resistenza dei partecipanti.

Cioè, ecco perché è la gara dell’ultimo sopravvissuto: vince chi resta in piedi e non si ritira.

Uno degli eventi più noti è il “Big’s Backyard Ultra“, organizzato dal famoso ultramaratoneta Gary “Lazarus Lake” Cantrell, il creatore della Barkley Marathons. Questo evento attira corridori di tutto il mondo, mettendo alla prova alcuni degli atleti più resistenti del pianeta.

La Backyard Ultra è una gara che spinge i corridori ai loro limiti assoluti, sia fisicamente che mentalmente. È un evento che celebra la resistenza, la determinazione e lo spirito di comunità, con l’ultimo sopravvissuto che emerge come il vincitore assoluto.

E pensare che non l’aveva preparata…

Ma torniamo a Daniele. Daniele questa gara non l’aveva preparata, ma come gli altri 5 italiani (123 sono i partecipanti totali) non si è tirato indietro, è partito per l’Austria con la famiglia e ha sfidato sè stesso e i sentieri austriaci.

A causa di un infortunio sono arrivato praticamente senza preparazione” – ci racconta Daniele – “quindi il risultato che ho ottenuto mi soddisfa molto. Mettiamola così, 34 ore non sono poi tantissime, ma riuscire ad arrivare al testa a testa con la fortissima atleta austriaca mi ha davvero entusiasmato“.

Non sono tantissime? Dovete sapere che fino a poco tempo fa Daniele deteneva il record mondiale per un esordiente alla Backyard Ultra, con 61 ore corse, a Roma, per 409 chilometri. Oggi il record mondiale è di un polacco, che ha corso per 70 ore, ma se ci pensate il risultato è mostruoso. Daniele ha anche corso il Mondiale di Backyard Ultra l’anno scorso negli Stati Uniti, con un risultato di 42 ore… e tanto dislivello.

Ma come si prepara una gara così? “Sono seguito dal numero uno di specialità” – racconta Daniele – “si chiama Antonio di Manno, una vera leggenda tutt’ora in attività, e da Mauro Maiolli. Mi alleno da solo ma loro mi seguono sempre nella preparazione“.

Questa volta sono arrivato senza preparazione, quindi non ho potuto correre chissà quanto” – prosegue Daniele – “mediamente al culmine della preparazione corro 600 chilometri al mese. 150/200 chilometri a settimana, spalmati su 5 giorni, con un solo doppio allenamento e un giorno di allenamento a corpo libero per rinforzarmi. Per queste gare la realtà è che ci si allena più calcolando le ore che i chilometri.”.

La forza di una scelta

Da quando sono vegano, è cambiato tutto” – spiega Daniele – “specifico bene: non sono uno di quelli fondamentalisti, per me ognuno è libero di mangiare ciò che vuole, ma qualche anno fa ho fatto una scelta, e posso solo dire che dal punto di vista delle prestazioni, questo mi ha cambiato la vita“.

In cosa, soprattutto? “Nel recupero, racconta Daniele, è tutto molto più veloce. Dopo il Mondiale in America mi sono infortunato, ma ho percepito chiaramente i benefici del mio essere vegano. Forse non tutti lo sanno, ma i grandi campioni di questa specialità sono tutti (o quasi) vegani o vegetariani. Un motivo ci sarà, no? Detto, questo, permettimi di ringraziare la mia famiglia“.

La sua famiglia, sua moglie e sua figlia, sono uno dei temi che Daniele ha tirato fuori subito all’inizio della sua chiacchierata: è un uomo che vive per la sua famiglia e ha una famiglia che vive per lui. Perché, al di là della forza fisica, della preparazione, dell’alimentazione, c’è un elemento che non può mancare in queste gare.

E si chiama supporto.

I corridori hanno squadre di supporto che li aiutano con cibo, idratazione, massaggi, e altri bisogni tra un giro e l’altro.

Nel caso di Daniele, è soprattutto sua moglie dargli supporto. Sono come una cosa sola, una squadra affiatata.

Mia moglie è sempre vicina a me, ed è fondamentale per le mie gare” – racconta Daniele – “immaginate la fatica di seguirmi in gara, assistendomi col cibo, con l’idratazione, coi massaggi e col riposo tra un giro e l’altro. Non può mai riposare, è sempre pronta al mio arrivo per assistermi e fare sì che possa proseguire la mia gara“.

Uno degli aspetti fondamentali di queste Backyard è che non puoi non mangiare. Devi mangiare anche quando non vuoi, altrimenti salti. Sapere che ci sono mia moglie e mia figlia nella tenda/gazebo pronte ad aiutarmi mi dà una forza incredibile. Da solo non potrei farcela, perché è uno sport in cui il supporto di sponsor e mecenati è veramente limitato. Poter contare sulla famiglia per me è una vera benedizione!“.

Alla ricerca del Nirvana

Mi sento ancora un atleta in crescita, non sono ancora arrivato al punto di avere le visioni mentre corro…“. Le visioni? “Questo sport è fatto per portare l’atleta oltre i propri limiti. E’ uno sport soprattutto di testa“.

Ecco qua un’altra parola chiave di questa bella storia: resistenza mentale. La Backyard Ultra non è solo una prova di resistenza fisica, ma anche una sfida mentale. I corridori devono mantenere la motivazione e la concentrazione, gestendo la fatica e la mancanza di sonno.

Io mi sono avvicinato a questo mondo proprio affascinato da questo tentativo di andare oltre i limiti dei grandi ultra runner” – spiega Daniele – “correre in questo modo è un’esperienza quasi mistica. Il fisico arriva a livelli tali di distruzione che non sai se andare avanti o fermarti. Devi sopportare il dolore, che è tanto, la testa non deve mai perdere il grip in quello che sta facendo“.

Nella ricerca di questo “Nirvana podistico”, giocano un ruolo importante anche i pensieri. Abbiamo infatti chiesto a Daniele: ma a cosa pensi correndo per decine di ore di fila? Lui ci risponde così: “E’ una bella domanda! Anche io ogni tanto me lo chiedo. La cosa primaria che penso quando sono in difficoltà, è che questa sofferenza l’ho scelta io, e che prima o poi finisce. Non è imposta, è una scelta. Penso tanto alla mia famiglia, agli sforzi che fa per essere con me. Penso ovviamente alla strategia da mantenere tra i vari giri, e alle sensazioni che mi manda il mio corpo“.

Poi ci sono volte” – continua – “in cui il pensiero va su temi più alti. Per esempio in Austria nell’ultima gara, ho visto una mandria di mucche al pascolo e ho pensato che, forse, un giorno i loro discendenti non saranno costretti a morire per i nostri fini alimentari. La mia scelta di non mangiare più prodotti di derivazione animale e la voglia di diffondere questo messaggio mi danno tanta forza. Mi piacerebbe anzi riuscire a correre di più per questi fini positivi, come il supporto delle associazioni che si impegnano nella protezioni degli animali, e dei santuari“.

Una comunità che si aiuta

Un’altra parola chiave del circuito Backyard è questa: comunità.

Se ho un segreto, non ho problemi a condividerlo con gli altri” – dice Daniele – “perché siamo una comunità, viviamo uno sport in cui siamo tutti alla pari, e non ci sono le “star”. Siamo noi, con i nostri sforzi, i nostri team che ci aspettano ai gazebo, i nostri racconti di questi folli gare di resistenza. Ci incoraggiamo a vicenda, si sviluppa una sorta di cameratismo che è una boccata d’aria in un mondo sempre più in contrasto“.

A proposito di questo, ricordate cosa abbiamo detto prima in relazione ai suoi preparatori?

Il prossimo appuntamento con la Backyard Ultra lo avrò il 19 ottobre a Castellaneta, per la World Cup. Sarà bellissimo condividere la gara i migliori 15 italiani di specialità e soprattutto con il mio mentore e il mio allenatore, Di Manno, che ha un record di 79 ore. Fantascienza! La cosa importante sarà collaborare tutti insieme, aiutandoci vicendevolmente, perché più ore facciamo insieme, più abbiamo possibilità di salire in classifica con Team Italia.”.

E in conclusione, un saluto.

Per me è importante ringraziare Antonio Galliani di SportIT. Mi ha dato una grossa mano sia quando sono andato in America sia in questa occasione. Ho gareggiato anche per lui, e spero di averlo fatto felice!“.

BOX TECNICO: CON QUALI SCARPE CORRE DANIELE?

Daniele ci ha confessato che corre in genere con le Craft Pro Endur Distance. In questa occasione, ha invece utilizzato le Craft Xplor, che grazie alla suola Vittoria gli hanno permesso di gestire la prima parte della gara, su terreno umido e scivoloso. Per poi concludere con le Glycerin, scarpe non propriamente da sentiero, ma molto morbide e molto più larghe. “Bisogna tenere in considerazione che il piede si gonfia, e non poco, mano a mano che la gara va avanti. Le vesciche sono il più grande nemico di chi corre gare come la Backyard Ultra.

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